Antonella

Penso di essere fortunata. Ha scelto me. Io ho 22 anni e lui 37. Aveva altre storie, ma è venuto a vivere con me, a casa mia.
Siamo stati felici. Per una settimana. Poi ho scoperto che basta niente a farlo arrabbiare. L’altra sera non so come è iniziata, mi ha tirato un pugno sul naso, mi ha chiamata idiota, ha preso le sue cose ed è tornato a casa sua. Ha detto che la storia è finita, che devo farmene una ragione. Qualche giorno prima era il mio compleanno, mi ha portato i fiori, mi ha scritto una lettera bellissima, e adesso questo. Non capisco.
Forse è stata una reazione impulsiva, forse potrebbe tornare, cambiare idea. Forse vuole tornare, ma si vergogna di quello che ha fatto. Devo cercarlo io? Non riesco a non chiamarlo, anche se le mie amiche mi dicono di lasciar perdere. Eppure, perchè? E’ colpa mia? Me lo sono meritato? Non l’ho capito? Ora lo chiamo.

Questa è la storia di una delle tante donne che hanno subito violenza da parte degli uomini. Il nome è di fantasia, potrebbe essere il mio, il vostro, quello di vostra madre o di un’amica. La storia invece è ispirata a una storia reale, riportata anonimamente su uno dei tanti blog e forum in cui le donne raccontano. Sono stati cambiati luoghi e dettagli, omessi nomi e circostanze che potrebbero rendere riconoscibili le protagoniste. E’ rimasta la vita di questa donna, perchè altre donne la leggano.
Leggi anche le storie di Elisa e Fiorella.

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Lunedì 19 settembre all’Arena di Verona sedici donne si sono trovate sul palco di Amiche in Arena, un concerto di Loredana Bertè con la direzione artistica di Fiorella Mannoia contro la violenza sulle donne e il femminicidio. L’incasso della serata è stato totalmente devoluto a D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza.
A novembre sono in uscita un dvd e un cd dell’evento, i cui ricavati saranno ugualmente devoluti ai centri antiviolenza.

Amiche in Arena

Tutto ha avuto inizio con una scarpa rossa appesa a un microfono. E’ la fine del video “E’ andata così”, la canzone che Ligabue ha scritto per Loredana Bertè e che ha anticipato come singolo l’album “Amici non ne ho… ma amiche sì”. La scarpa rossa è il simbolo della lotta alla violenza contro le donne. E’ da quella scarpa rossa che Fiorella Mannoia, produttrice del disco e direttrice artistica di “Amiche in Arena” e Loredana Bertè sono partite, pensando di trasformare quella che doveva essere la festa per i 40 anni di carriera della Bertè in occasione di fare qualcosa di concreto per le donne. E’ nata così l’idea di una serata di solidarietà per sensibilizzare il pubblico sul tema della violenza contro le donne e per raccogliere fondi per sostenere i centri antiviolenza, non istituzionali e gestiti da associazioni di donne.
Zucchero Fornaciari, in questi giorni in Arena, ha ceduto un giorno all’evento, prestando il palco. Tute le artiste che hanno preso parte al disco di Loredana hanno aderito all’iniziativa: Fiorella Mannoia, Paola Turci, Emma, Noemi, Alessandra Amoroso, Nina Zilli, Elisa, Antonella Lo Coco, Aida Cooper, Patty Pravo, Bianca Atzei, a cui si sono aggiunte Gianna Nannini, Elodie ed Irene Fornaciari.
Il concerto ha fatto sold out in prevendita, con 12.000 biglietti venduti. Oggi Fiorella Mannoia ha consegnato a nome di tutte le sue colleghe un assegno di 150.000 euro, ricavato dell’evento a D.i.Re, Donne in rete contro la violenza, che gestisce 77 centri antiviolenza e case delle donne in Italia, in gran parte sostenuti da volontari.
Questo è solo il primo passo, è prevista infatti a novembre l’uscita di un cd e un dvd della serata, il cui ricavato sarà interamente devoluto ai centri antiviolenza.
Non avete pensato di invitare qualche collega uomo al concerto?” Fiorella risponde : “Io mi aspetto che ci pensino da soli, che organizzino anche loro un concerto contro la violenza sulle donne.”
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Alle 21 l’Arena è al completo, in ogni settore. Il pubblico delle gradinate inizia una ola di benvenuto. Sul palco salgono le padrone di casa della serata: Loredana e Fiorella, e iniziano con “Il mare d’inverno”, che emoziona la platea e lascia poi spazio ad “America”, duetto con la Nannini.
Una serata in cui le donne decidono di unirsi per fare qualcosa in cui credono è anche questo: cantare generosamente non solo le proprie canzoni, sperimentare duetti, lasciare posto alle altre. Così fa Loredana, ritirandosi ogni tanto dietro le quinte mentre Fiorella ed Irene Grandi cantano Sally, Gianna Nannini, la Grandi ed Emma si esibiscono ne “I maschi”, Fiorella ed Alessandra Amoroso cantano “In viaggio”, commuovendosi entrambe, Patty Pravo e Nina Zilli duettano ne “La bambola”.

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Foto di Luca Brunetti


“La mia discografia è la Treccani”, dice Loredana, ed è vero: è un repertorio di pezzi che hanno fatto la storia della musica italiana, che tutti i 12.000 presenti sanno a memoria senza rendersene conto. Esplodendo quando Loredana intona “Sei bellissima”, con Alessandra Amoroso, o “Dedicato” con Noemi, ballando su “E la luna bussò” con Noemi ed Elisa.
E naturalmente, ricordando Mimì, la diciassettesima artista sul palco, invisibile ma presente, evocata da Loredana in una struggente “Luna”, una canzone per me sacra, dice la cantante, perchè l’ho scritta dopo tre anni che guardavo il soffitto. “Chi è Mimì?” chiede una ragazzina seduta vicino a me. “Un pezzo di storia, la sorella di Loredana”, vorrei risponderle.
Mimì presente anche in “Stiamo come stiamo”, eseguita con Elodie dopo 25 anni – la cantavo con Mimì, dice Loredana, poi non l’ho più cantata – ricordata in “Almeno tu nell’universo”, con Elisa ed Emma, e in “Padre davvero”, canzone contro la violenza sulle donne per cui Mimì era stata denunciata dallo stesso padre. “E adesso gliela canto io”, dice Loredana.

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Foto di Sabry Zanza

Non manca, tra tanta musica, una testimonianza di una donna che è stata pesantemente colpita da chi diceva di amarla, Valentina Pitzalis, cui l’ex marito ha dato fuoco, provocandole tremende ustioni e la perdita di una parte del braccio sinistro. Valentina porta fieramente le sue cicatrici. “Se a qualcuno dà fastidio il mio aspetto,” dice, “che si giri dall’altra parte, io non mi chiudo in casa. Non sono le vittime a doversi vergognare”.

Il concerto si chiude con due pezzi cantati in coro da tutte le artiste, “Amici non ne ho” e “Quello che le donne non dicono”. Ma in realtà no: il concerto lo chiude il pubblico quando Loredana dice di poter finalmente festeggiare bene il suo compleanno, oggi, 20 settembre, e il pubblico intona “Tanti auguri a te”.
Il 20 settembre è anche il compleanno di Mimì.

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foto di Donatello Iacobone

 

Di stelle e di Verona

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A volte mi piacerebbe che le persone si lasciassero dietro una scia luminosa, come le stelle cadenti di metà agosto, per poter seguire il loro percorso e per accorgermi che tutto quello che ci circonda è un tessuto di traiettorie incrociate. A volte come tessuto non gli do una grande importanza, solo un colpo d’occhio distratto; è sempre lì, il colore varia un po’ con la luce, una presenza scontata. E’ quando inizi a tirare un filo per volta che capisci quanto può cambiare sfilando qualche riga di trama o modificando l’ordito. Quante storie contiene.

Se le persone fossero stelle cadenti luccicanti che si lasciano dietro una scia luminosa, domani Verona esploderebbe di luce come una supernova. Pare che una supernova emetta in qualche settimana tanta energia quanta ne emette il sole in tutta la sua esistenza. E questo è il motivo per cui domani sera sarò all’Arena di Verona a vedere il concerto in onore dei 47 anni di carriera di Fiorella Mannoia. Pare che per arrivare all’esplosione una supernova ci si metta un po’, e questo è il motivo per cui sarò a Verona diverse ore prima del concerto: per godermi lo spettacolo di migliaia di stelle cadenti incrociate, per sentire vibrare le pietre e per vedere l’emozione negli occhi di chi sta sul palco e non si abitua mai.
E per provare a raccontarlo.

9 domande 10 anni dopo

Tanti anni fa, in una contrada immersa nella nebbia dove non succedeva mai niente e tutto era grigio, una testa di riccioli rossi è sbucata dalla televisione. Aveva una voce potente e cantava una canzone di De Andrè. Avevo quattordici anni e sapevo poche cose, ma ho capito subito che era una voce pericolosa: poteva tutto. Poteva sbilanciarmi, poteva farmi credere di avere la stessa forza che aveva lei. Era un pensiero segreto, di cui un po’ mi vergognavo, perchè non c’era niente che potesse legittimarlo.

Molti anni dopo sono uscita dalla nebbia e l’ho cercata. Ho visto concerti, ascoltato dischi, partecipato a presentazioni, ogni parola mi diceva qualcosa, mi parlava con una strana familiarità. Poi ho trovato un libro in cui lei, Fiorella Mannoia, si racconta in prima persona. Il libro si chiama “Biografia di una voce”, ed è del 2005. Ogni tanto lo rileggo e continua a parlarmi, a farmi domande, a farmi pensare. Sono passati dieci anni e il mondo è andato avanti; Fiorella crede ancora alle cose che ha scritto? L’ho chiesto a lei, in nove domande. E dal momento che quella voce, oltre che pericolosa, è anche gentile e disponibile, mi ha risposto.

I testi virgolettati sono citazioni del libro.

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1 “In sintesi, oggi dovremmo chiederci quanta libertà ci sia davvero rimasta e quanto invece dobbiamo considerarci assoggettati (magari in modo inconsapevole) a questo nuovo tipo di dittatura strisciante che ha come leader unico e indiscusso la televisione, che non si impone con la forza, lasciandoti perfino l’illusione del libero arbitrio.”
Siamo ancora nella stessa situazione di apparente libertà? Il leader della dittatura è ancora la televisione?

Siamo ancora nella stessa situazione. E’ la dittatura dell’informazione, l’informazione non è mai libera, ci sono sempre degli interessi che la dirigono: l’editore, il pensiero politico. Pensa solo cosa è successo anni fa con Saddam Hussein. Tutte le televisioni occidentali hanno dato la notizia che Hussein aveva armi di distruzione di massa. Tutte. Era quello che volevano farci credere. Non era vero, ma è servito a motivare una guerra.

L’informazione nel web non ti sembra un altro caso di apparente libertà? In rete trovi di tutto, ci sono esperti pronti a certificare qualsiasi cosa. Anche in rete non puoi mai essere sicura che qualcosa sia vera.

In rete trovi di tutto, è vero, ma c’è la possibilità di verificare le notizie, di confrontarle con i libri degli autori di cui ti fidi (vedi Galeano) e con gli articoli dei giornalisti che reputi seri.

2 “Le parole che canto mi rappresentano, le storie delle canzoni che canto mi somigliano.”
Tra le canzoni che hai cantato in questi ultimi anni scritte da altri, quale ti rappresenta particolarmente? E tra quelle che hai scritto tu?

Le canzoni che canto mi rappresentano tutte, sennò non le canterei. Tra le mie, la prima che ho scritto è “Se solo mi guardassi”. Sono molto affezionata anche a “In viaggio”.

L’impressione che ho io è che “Se solo mi guardassi” sia una canzone ricca, piena di immagini e storie, più compiuta; il pubblico si è affezionato subito a “In viaggio” perchè è più facile l’immedesimazione.

“Se solo mi guardassi” è anche ricca di metafore, che forse non tutti colgono. Le “conchiglie padrone del destino” sono quelle che si usavano per i riti di divinazione; “le regine di vento e di tempesta” sono le divinità delle antiche religioni africane, che in Africa non esistono praticamente più perchè sono state spodestate dall’avvento del cristianesimo e dell’islam. Per fortuna queste religioni sopravvivono ad Haiti, a New Orleans, in Brasile.

3 Citando Gramsci, qualche anno fa hai parlato di “Ottimismo della volontà”. Ci credi ancora? Vuoi essere ottimista? Insisti?

Devo. Anche per il mio ruolo di personaggio pubblico.

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4 “La mattina, quando mi alzo, dopo aver aperto le finestre, la prima cosa che faccio è scegliere la musica da sentire.” Lo fai ancora? Cosa ascolti?

Non sempre, ma lo faccio. Se è appena uscito un disco di qualche cantante che mi interessa lo ascolto a ripetizione.

Tutto l’album o anche solo un brano? Sei un’ossessiva compulsiva capace di rimettere lo stesso pezzo decine di volte di seguito?

Sono capace di sentire un brano ancora, e ancora, e ancora, e ancora…

5 “Artisticamente non ho mai avuto la certezza di essere brava, ho sempre avuto (e ho ancora) la sgradevole sensazione di non essere mai all’altezza, di essere inadeguata.”

Dopo cinque targhe Tenco, cinque Wind Music Award, un premio Amnesty, un premio Caruso, una quantità di dischi d’oro e platino che ci potresti costruire una pila per salire a cambiare le lampadine e interi teatri in lacrime, ti sei un po’ rassicurata o hai ancora questa sensazione?

Mi sono un po’ rassicurata, ma non del tutto. So di avere dei limiti, non interpretativi ma vocali. Non ho le possibilità vocali che hanno alcune mie colleghe, ho un’estensione limitata. A volte questo mi provoca un po’ di frustrazione.

6 “Bisognerebbe far capire a questi ragazzi che la felicità non è un diritto ma una conquista che costa impegno e a volte sacrificio, e che però niente è paragonabile alla felicità che dà la soddisfazione di aver conquistato una cosa seppur piccola con le proprie forze, senza l’aiuto di mamma e papà.” E’ la stessa cosa che diresti adesso ai giovani?

Sì, adesso più che mai.

7 In chiusura di una discussione sull’antico “Fiorum” del tuo sito, scrivevi: “Siete troppo belli, sono fiera di questo forum.” Oggi hai due profili facebook e una pagina pubblica, oltre a un account twitter. Cosa pensi delle persone che ti seguono e ti commentano?

Sulla pagina pubblica di facebook c’è di tutto, a volte arrivano persone che non sono d’accordo con quello che scrivo e mi insultano. Ma le persone che mi seguono, che vengono ai miei concerti mi assomigliano. Crediamo alle stesse cose, condividiamo gli stessi valori. Tutti cerchiamo i nostri simili.

8 “Perdere la memoria sarebbe come morire, noi siamo il risultato di ciò che siamo stati: difendere la memoria, in questo caso la memoria storica, dovrebbe essere un dovere di tutti.”
Secondo te qual è adesso la memoria più in pericolo, quella che abbiamo quasi perso?

La memoria di quello che siamo stati. Siamo stati un popolo di emigranti, per molti anni, abbiamo invaso il mondo, abbiamo esportato tante cose, compresa la delinquenza. Vorrei che lo ricordassero le persone che adesso si scagliano contro i nostri fratelli immigrati. Si è persa la memoria che siamo sempre stato un paese accogliente.

9 “Sono fermamente convinta che l’arma più micidiale che l’umanità possegga sia la gentilezza.”
Lo pensi ancora? Cambieremo il mondo con la gentilezza?

Sì. Lo penso, perchè la gentilezza mette sempre in moto qualcosa.

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Ringrazio Fiorella Mannoia per la disponibilità e Luca Brunetti per l’utilizzo delle fotografie.

A te – una storia

Non so scrivere recensioni. So rintracciare storie, a volte, e provo a raccontarle. E questa è una storia, divisa in capitoli, che attraversa una vita. La mia.

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Capitolo uno: un registratore, cassette, un uomo con gli occhiali tondi e il cappellino. Lo ascolta mio padre, è di mio padre; dice che quel signore con il cappellino è nato un mese esatto prima di lui, che è del 4/4/1943. Io ascolto in silenzio e imparo le parole a memoria.

Capitolo due: al mare con i nonni. Tanta gente, troppe parole. Ho due cose per difendermi: i miei libri e il mio primo walkman, con una cassetta che cigola e canta “Itaca, Itaca, Itaca, la mia casa ce l’ho so là…” La ascolto tutte le sere prima di addormentarmi e riavvolgo la cassetta intorno a una biro per risparmiare le batterie.

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Capitolo tre: università. Guardo il mare di Genova e consumo Le rondini e Apriti cuore. Il cuore si apre.

Capitolo quattro: mi trasferisco a Bologna. Do subito ragione a Lucio: nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino. Lui diventa una presenza, è facile incontrarlo al mercatino di Piazza Santo Stefano o in via D’Azeglio. Non gli dico mai niente. Solo ciao.

Capitolo cinque: Lucio muore improvvisamente tre giorni prima del suo compleanno. Mi ritrovo in coda con migliaia di persone davanti a Palazzo d’Accursio per salutarlo. Dagli altoparlanti arrivano le sue canzoni. Mi accorgo che le so tutte, anche quelle che ho sentito di meno. La gente intorno a me piange, ride, canta, racconta cosa faceva quando è uscita quella canzone, ogni canzone.

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Capitolo sei: 4 marzo 2013, grande concerto per Lucio in Piazza Maggiore. La città ci mette quattro giorni a prepararsi, come per una serata di gala. Non c’è negozio del centro che non abbia un ricordo di Lucio in vetrina: una foto, la copertina di un disco, un cartello. Molti le lasciano anche a concerto finito.

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Capitolo sette: settembre 2013. Fiorella Mannoia incide “A te”, album tributo a Lucio Dalla.

Non sono mai stata così dentro a un disco. Non ho mai toccato le parole delle canzoni come se fossero stoffa. Non ho mai sentito le emozioni dei musicisti e di una cantante stringersi intorno a me, diventare qualcosa che ho indossato e che non mi toglierò più.

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foto di Simone Cecchetti

Le ho sentite bene, le canzoni di Lucio. Ogni canzone, un film. Da ogni immagine, anche la più piccola e insignificante, una storia. Non c’è niente che non contenga una storia: la vita di un carcerato, di un pescatore, una serata, uno sguardo, una città. Forse è anche per questo che ho iniziato a scrivere: anch’io vedevo storie ovunque. So che le parole non sono tutto: basta il cambiamento di tono ad alterare una storia, un ritmo diverso a cambiarla, una pausa a spostare l’attenzione di chi legge o ascolta.

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foto di Simone Cecchetti

In una sala d’incisione caldissima, che diventerà in bianco e nero, ogni attacco di orchestra è un film diverso. E’ l’atmosfera a cambiare, dal primo respiro di un violino.

E poi c’è lei, che sembra uscita da un film. Racconta ogni storia come se fosse la sua. Porta le persone su una spiaggia, su una nave, in periferia. Nessuno resta a casa, la seguiamo tutti: gli orchestrali, i musicisti, noi che siamo lì a guardare e sentire e non abbiamo abbastanza occhi e orecchie, non riusciamo a comprendere tutto se non con l’emozione.

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foto di Simone Cecchetti

Per me è un viaggio in terre conosciute con una guida che spinge le porte chiuse e apre tutti i cassetti. A ogni canzone mi mostra qualcosa che mi era sfuggito. A ogni canzone so che c’è ancora un’altra storia da scoprire. Per questo vorrei che durasse giorni e giorni, seduta per terra a fissare la sua schiena da sirena, circondata da violini e violoncelli, appesa ai gesti del direttore d’orchestra.

Ogni volta che la porta si chiude teniamo il respiro. Ogni volta che la musica ricomincia e che la sua voce ci entra dentro fa un po’ male, perchè so che entro quattro minuti – che possono essere quattro secondi e quattro giorni – finirà. E voglio che ricominci, e che ricominci ancora.

E ricomincia, infatti, e ricomincia ancora ogni volta che riascolto le canzoni nel mio ipod. Sono microstorie che si aprono un po’ alla volta.

Ah… felicità, su quale treno della notte viaggerai

Lo so che passerai, ma come sempre in fretta non ti fermi mai.

Fiorella e Ron A te

foto di Simone Cecchetti

Quasi 4 marzo

E la notte cominciava a gelare la mia pelle
la notte madre che cercava di contare le sue stelle
io lì sotto ero uno sputo e ho detto olé sono perduto…

Oggi non c’è angolo di Bologna che non canti Lucio.

Canta il pubblico ai lati dei palco, sui gradini di San Petronio. Cantano nei bar, uscendo dai ristoranti. Cantano i freni delle macchine. Canta Mengoni mentre firma autografi nel cortile di Palazzo d’Accursio, Angelo, se io fossi un angelo, con lo sguardo biblico li fisserei…

Cantano i fan in attesa, ululando quando compaiono i loro idoli: Carboni, Bersani, Zero, Morandi. Canticchiano anche i security men, solo con un angolo della bocca per non farsi sentire: li ho visti io. Ne ho visto persino uno ridere.

Cantano spensieratamente anche uomini e donne della produzione, svelando i segreti di domani: Zucchero non canterà sul palco ma davanti a San Petronio, con un coro Gospel. Dedicheranno a Lucio l’Ave Maria. Cantano commossi Fiorella Mannoia e Giuliano Sangiorgi. Fiorella in assolo con “Cara”, che ha viaggiato con lei per tutto il tour 2012, e in duetto con Giuliano “Anna e Marco”, come a Campovolo.

Ora, capisco che è una questione personale. A me basta il timbro della voce di Fiorella, mi rassicura e mi fa sentire in un luogo amico anche se in piazza soffia la bora e ho le mani trafitte da spilli di ghiaccio. Eppure lo vedo anche negli occhi degli altri: con “Cara” succede qualcosa. Gli sguardi si addolciscono, i commenti calano, l’attenzione aumenta. Le mani si stringono alle transenne, molti nasi gocciolano all’unisono, tante mani si tendono verso il palco, come i bambini davanti alla televisione.

Domani è già qui.

Buon compleanno, Lucio!