Antonella

Penso di essere fortunata. Ha scelto me. Io ho 22 anni e lui 37. Aveva altre storie, ma è venuto a vivere con me, a casa mia.
Siamo stati felici. Per una settimana. Poi ho scoperto che basta niente a farlo arrabbiare. L’altra sera non so come è iniziata, mi ha tirato un pugno sul naso, mi ha chiamata idiota, ha preso le sue cose ed è tornato a casa sua. Ha detto che la storia è finita, che devo farmene una ragione. Qualche giorno prima era il mio compleanno, mi ha portato i fiori, mi ha scritto una lettera bellissima, e adesso questo. Non capisco.
Forse è stata una reazione impulsiva, forse potrebbe tornare, cambiare idea. Forse vuole tornare, ma si vergogna di quello che ha fatto. Devo cercarlo io? Non riesco a non chiamarlo, anche se le mie amiche mi dicono di lasciar perdere. Eppure, perchè? E’ colpa mia? Me lo sono meritato? Non l’ho capito? Ora lo chiamo.

Questa è la storia di una delle tante donne che hanno subito violenza da parte degli uomini. Il nome è di fantasia, potrebbe essere il mio, il vostro, quello di vostra madre o di un’amica. La storia invece è ispirata a una storia reale, riportata anonimamente su uno dei tanti blog e forum in cui le donne raccontano. Sono stati cambiati luoghi e dettagli, omessi nomi e circostanze che potrebbero rendere riconoscibili le protagoniste. E’ rimasta la vita di questa donna, perchè altre donne la leggano.
Leggi anche le storie di Elisa e Fiorella.

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Lunedì 19 settembre all’Arena di Verona sedici donne si sono trovate sul palco di Amiche in Arena, un concerto di Loredana Bertè con la direzione artistica di Fiorella Mannoia contro la violenza sulle donne e il femminicidio. L’incasso della serata è stato totalmente devoluto a D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza.
A novembre sono in uscita un dvd e un cd dell’evento, i cui ricavati saranno ugualmente devoluti ai centri antiviolenza.

Elisa

Si definiva estroverso e fantasioso, pieno di energia. Ho scoperto qualche mese dopo il matrimonio che la fantasia come la intendeva lui era al limite della violenza sessuale, e che la sua energia era collera. Mi svegliava in piena notte, mi tappava la bocca. Credevo di soffocare. Abbiamo avuto due bambini. Quando la più grande è diventata adolescente ed è entrata in conflitto con me, lui ha iniziato a picchiarmi davanti a loro. Per difendere la figlia, diceva. Per difendere la figlia mi ha presa per i capelli, sbattuta contro un muro, presa a calci, a pugni. Si è accanito sui miei occhi, facendomi rischiare la cecità. L’ho denunciato alla polizia. I ragazzi sono stati affidati ai miei suoceri. Lui diceva che ero pazza, e giù botte. L’avvocato mi ha consigliato di restare a casa per non rischiare di perdere i figli. Mi ha mandata all’ospedale altre volte. Non ce l’ho più fatta, sono andata a stare da mia sorella. Il giudice ha creduto a lui, alla sua famiglia influente, ho perso la patria podestà. Sono due anni che non vedo i miei figli, nemmeno in presenza di altre persone.

Questa è la storia di una delle tante donne che hanno subito violenza da parte degli uomini. Il nome è di fantasia, potrebbe essere il mio, il vostro, quello di vostra madre o di un’amica. La storia invece è ispirata a una storia reale, riportata anonimamente su uno dei tanti blog e forum in cui le donne raccontano. Sono stati cambiati luoghi e dettagli, omessi nomi e circostanze che potrebbero rendere riconoscibili le protagoniste. E’ rimasta la vita di questa donna, perchè altre donne la leggano.
Leggi anche le storie di Fiorella e Loredana.

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Lunedì 19 settembre all’Arena di Verona sedici donne si sono trovate sul palco di Amiche in Arena, un concerto di Loredana Bertè con la direzione artistica di Fiorella Mannoia contro la violenza sulle donne e il femminicidio. L’incasso della serata è stato totalmente devoluto a D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza.
A novembre sono in uscita un dvd e un cd dell’evento, i cui ricavati saranno ugualmente devoluti ai centri antiviolenza.

 

Amiche in Arena

Tutto ha avuto inizio con una scarpa rossa appesa a un microfono. E’ la fine del video “E’ andata così”, la canzone che Ligabue ha scritto per Loredana Bertè e che ha anticipato come singolo l’album “Amici non ne ho… ma amiche sì”. La scarpa rossa è il simbolo della lotta alla violenza contro le donne. E’ da quella scarpa rossa che Fiorella Mannoia, produttrice del disco e direttrice artistica di “Amiche in Arena” e Loredana Bertè sono partite, pensando di trasformare quella che doveva essere la festa per i 40 anni di carriera della Bertè in occasione di fare qualcosa di concreto per le donne. E’ nata così l’idea di una serata di solidarietà per sensibilizzare il pubblico sul tema della violenza contro le donne e per raccogliere fondi per sostenere i centri antiviolenza, non istituzionali e gestiti da associazioni di donne.
Zucchero Fornaciari, in questi giorni in Arena, ha ceduto un giorno all’evento, prestando il palco. Tute le artiste che hanno preso parte al disco di Loredana hanno aderito all’iniziativa: Fiorella Mannoia, Paola Turci, Emma, Noemi, Alessandra Amoroso, Nina Zilli, Elisa, Antonella Lo Coco, Aida Cooper, Patty Pravo, Bianca Atzei, a cui si sono aggiunte Gianna Nannini, Elodie ed Irene Fornaciari.
Il concerto ha fatto sold out in prevendita, con 12.000 biglietti venduti. Oggi Fiorella Mannoia ha consegnato a nome di tutte le sue colleghe un assegno di 150.000 euro, ricavato dell’evento a D.i.Re, Donne in rete contro la violenza, che gestisce 77 centri antiviolenza e case delle donne in Italia, in gran parte sostenuti da volontari.
Questo è solo il primo passo, è prevista infatti a novembre l’uscita di un cd e un dvd della serata, il cui ricavato sarà interamente devoluto ai centri antiviolenza.
Non avete pensato di invitare qualche collega uomo al concerto?” Fiorella risponde : “Io mi aspetto che ci pensino da soli, che organizzino anche loro un concerto contro la violenza sulle donne.”
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Alle 21 l’Arena è al completo, in ogni settore. Il pubblico delle gradinate inizia una ola di benvenuto. Sul palco salgono le padrone di casa della serata: Loredana e Fiorella, e iniziano con “Il mare d’inverno”, che emoziona la platea e lascia poi spazio ad “America”, duetto con la Nannini.
Una serata in cui le donne decidono di unirsi per fare qualcosa in cui credono è anche questo: cantare generosamente non solo le proprie canzoni, sperimentare duetti, lasciare posto alle altre. Così fa Loredana, ritirandosi ogni tanto dietro le quinte mentre Fiorella ed Irene Grandi cantano Sally, Gianna Nannini, la Grandi ed Emma si esibiscono ne “I maschi”, Fiorella ed Alessandra Amoroso cantano “In viaggio”, commuovendosi entrambe, Patty Pravo e Nina Zilli duettano ne “La bambola”.

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Foto di Luca Brunetti


“La mia discografia è la Treccani”, dice Loredana, ed è vero: è un repertorio di pezzi che hanno fatto la storia della musica italiana, che tutti i 12.000 presenti sanno a memoria senza rendersene conto. Esplodendo quando Loredana intona “Sei bellissima”, con Alessandra Amoroso, o “Dedicato” con Noemi, ballando su “E la luna bussò” con Noemi ed Elisa.
E naturalmente, ricordando Mimì, la diciassettesima artista sul palco, invisibile ma presente, evocata da Loredana in una struggente “Luna”, una canzone per me sacra, dice la cantante, perchè l’ho scritta dopo tre anni che guardavo il soffitto. “Chi è Mimì?” chiede una ragazzina seduta vicino a me. “Un pezzo di storia, la sorella di Loredana”, vorrei risponderle.
Mimì presente anche in “Stiamo come stiamo”, eseguita con Elodie dopo 25 anni – la cantavo con Mimì, dice Loredana, poi non l’ho più cantata – ricordata in “Almeno tu nell’universo”, con Elisa ed Emma, e in “Padre davvero”, canzone contro la violenza sulle donne per cui Mimì era stata denunciata dallo stesso padre. “E adesso gliela canto io”, dice Loredana.

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Foto di Sabry Zanza

Non manca, tra tanta musica, una testimonianza di una donna che è stata pesantemente colpita da chi diceva di amarla, Valentina Pitzalis, cui l’ex marito ha dato fuoco, provocandole tremende ustioni e la perdita di una parte del braccio sinistro. Valentina porta fieramente le sue cicatrici. “Se a qualcuno dà fastidio il mio aspetto,” dice, “che si giri dall’altra parte, io non mi chiudo in casa. Non sono le vittime a doversi vergognare”.

Il concerto si chiude con due pezzi cantati in coro da tutte le artiste, “Amici non ne ho” e “Quello che le donne non dicono”. Ma in realtà no: il concerto lo chiude il pubblico quando Loredana dice di poter finalmente festeggiare bene il suo compleanno, oggi, 20 settembre, e il pubblico intona “Tanti auguri a te”.
Il 20 settembre è anche il compleanno di Mimì.

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foto di Donatello Iacobone

 

Fiorella

L’ho conosciuto in chat. Era una brutta sera, avevo litigato con i miei. Dopo cena mi sono chiusa in camera a chattare, per sfogarmi. Lui era più grande di me, all’ultimo anno di liceo. Era carino. Mi ascoltava. Diceva di avere un padre militare, ancora più severo del mio. Mi fidavo di lui. Gli ho dato il mio numero di telefonino. Così poteva essere sempre con me. Una sera mi ha chiesto una foto nuda. Gliel’ho mandata. Non riuscivo a credere di piacergli proprio io. Io fra tutte. Lui però non mi ha mandato la sua foto, mi ha mandato quella della sua moto. Poi ha iniziato a chiedermi di mandargli dei piccoli video. Mi chiedeva di spogliarmi e di riprendermi, e io lo facevo. Era per lui, solo per lui. Un giorno mi ha dato appuntamento in un bar del centro, ma poi lui non è venuto. Alla sera ho scoperto che era lì perchè mi ha fatto delle foto di nascosto. Adesso ha messo le foto di me nuda in rete. Una l’ha trovata il fratello di Sara. Ho paura che metta anche i video. Non posso vivere con la paura che i miei lo scoprano, che i miei compagni di scuola li vedano. Preferisco farla finita.

Questa è la storia di una delle tante donne che hanno subito violenza da parte degli uomini. Il nome è di fantasia, potrebbe essere il mio, il vostro, quello di vostra madre o di un’amica. La storia invece è ispirata a una storia reale, riportata anonimamente su uno dei tanti blog e forum in cui le donne raccontano. Sono stati cambiati luoghi e dettagli, omessi nomi e circostanze che potrebbero rendere riconoscibili le protagoniste. E’ rimasta la vita di questa donna, perchè altre donne la leggano.
Leggi anche le storie di Loredana e Patty.

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Lunedì 19 settembre all’Arena di Verona sedici donne si uniranno in
Amiche in Arena”, un concerto di Loredana Bertè con la direzione artistica di Fiorella Mannoia contro la violenza sulle donne e il femminicidio, per sostenere i centri antiviolenza. Per ricordare che di queste storie bisogna parlare.

Patty

L’ho conosciuto all’università. Lui si stava laureando, io ero al terzo anno. Era dolce, affettuoso. Dopo qualche mese ha iniziato a irritarsi ogni volta che uscivo con gli amici. Non potevo più andare in palestra, aveva paura che altri uomini mi guardassero. L’ho accontentato. Era nervoso per la tesi. L’importante era rimanere al suo fianco, fare la cosa giusta per noi.
Ogni volta che mi offendeva mi sentivo in colpa. Non ero all’altezza delle sue serate, dei suoi amici, delle sue cene. Non ero la ragazza perfetta, ci teneva a farmelo sapere ogni giorno. Ero solo la sua bambola innamorata da trattare come uno straccio.
Si è laureato, ha iniziato a lavorare, ma non era felice. Era sempre nervoso, io avevo continui attacchi di panico ma mi raccontavo che era per gli ultimi esami. Ha trovato lavoro in un’altra città. Mi ha concesso di raggiungerlo, a patto di lasciare i miei studi, la mia famiglia, di sposarlo e di dedicarmi completamente a lui e ai nostri futuri figli. Tanto a che serviva che lavorassi anch’io, se dovevo fare figli?
L’ho lasciato. Ogni tanto me lo ritrovo sotto casa.

Questa è la storia di una delle tante donne che hanno subito violenza da parte degli uomini. Il nome è di fantasia, potrebbe essere il mio, il vostro, quello di vostra madre o di un’amica. La storia invece è ispirata a una storia reale, riportata anonimamente su uno dei tanti blog e forum in cui le donne raccontano. Sono stati cambiati luoghi e dettagli, omessi nomi e circostanze che potrebbero rendere riconoscibili le protagoniste. E’ rimasta la vita di questa donna, perchè altre donne la leggano.
Leggi anche le storie di Emma e Alessandra.

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Lunedì 19 settembre all’Arena di Verona sedici donne si uniranno in “Amiche in Arena”, un concerto di Loredana Bertè con la direzione artistica di Fiorella Mannoia contro la violenza sulle donne e il femminicidio, per sostenere i centri antiviolenza. Per ricordare che di queste storie bisogna parlare.

Loredana

Ora l’ho detto a tutti che sei stato tu. Vorrei averlo fatto prima. Prima che mi dessi appuntamento nel parcheggio dell’ospedale con la scusa di restituirmi il cellulare, prima che mi rincorressi fino alla macchina con la tanica di benzina. Prima del fuoco.
Non volevo denunciarti, per risparmiarti un’umiliazione. Pensavo che ti saresti stancato di telefonarmi, mandarmi messaggi, seguirmi. Avresti capito da solo che quello non era un modo di amare. In fondo hai una famiglia, come ce l’avevo io. Credevo che finalmente sarebbe finito tutto quel giorno nel parcheggio, ma non così, io che urlo con il mio ultimo fiato che sei stato tu a darmi fuoco, tu che scappi prima che arrivi qualcuno a salvarmi, io che mi assicuro che abbiano capito tutti cos’hai fatto, tu che cerchi di nascondere le tue bruciature, io che me ne vado all’alba in silenzio, tu che hai preferito distruggermi che lasciarmi andare.

Questa è la storia di una delle tante donne che hanno subito violenza da parte degli uomini. In questo caso la violenza è andata oltre, l’uomo l’ha uccisa. Il nome è di fantasia, potrebbe essere il mio, il vostro, quello di vostra madre o di un’amica. La storia invece è ispirata a una storia reale, un fatto di cronaca. Sono stati cambiati luoghi e dettagli, omessi nomi.  E’ rimasta la vita di questa donna, perchè altre donne la leggano.
Leggi anche le storie di Emma e Patty.

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Lunedì 19 settembre all’Arena di Verona sedici donne si uniranno in “Amiche in Arena”, un concerto di Loredana Bertè con la direzione artistica di Fiorella Mannoia contro la violenza sulle donne e il femminicidio, per sostenere i centri antiviolenza. Per ricordare che di queste storie bisogna parlare.

Emma

Ho quarant’anni e sono stanca. Sono sposata da quindici. Dopo due anni sono cominciate le botte. All’inizio mi picchiava solo un paio di volte all’anno. Non ho mai detto niente a nessuno. Poi qualcosa è cambiato. Arrivavo a prenderle anche a distanza di quindici giorni. Non riuscivo a riprendermi dai dolori che ricominciava. Una notte mi ha menata, spogliata, buttata nuda in mezzo alla strada.
Poi ha avuto l’incidente. Era ubriaco, è morta una persona. Stavo per andarmene. Non l’ho fatto perchè senza di me non ce l’avrebbe fatta. Ha promesso di smettere con le botte. Dopo sei mesi mi ha messo uno spago al collo e mi ha trascinata a calci. Ho provato a lasciarlo. Mi minacciava, mi seguiva, minacciava i miei genitori, mi umiliava.
Sono passati gli anni. Sembrava cambiato, sono tornata con lui. Ha ricominciato a picchiarmi, poi qualcuno ha menato lui ed ha smesso. Ha lasciato il lavoro, è depresso, beve, lo mantengo io con il mio lavoro part-time da 600 euro al mese. Mi umilia, mi insulta, mi offende.
Prego il cielo ogni giorno che mi faccia morire perchè il coraggio di ammazzarmi non ce l’ho.

Questa è la storia di una delle tante donne che hanno subito violenza da parte degli uomini. Il nome è di fantasia, potrebbe essere il mio, il vostro, quello di vostra madre o di un’amica. La storia invece è ispirata a una storia reale, riportata anonimamente su uno dei tanti blog e forum in cui le donne raccontano. Sono stati cambiati luoghi e dettagli, omessi nomi e circostanze che potrebbero rendere riconoscibili le protagoniste. E’ rimasta la vita di questa donna, perchè altre donne la leggano.
Leggi anche le storie di Irene e Alessandra.

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Lunedì 19 settembre all’Arena di Verona sedici donne si uniranno in “Amiche in Arena”, un concerto di Loredana Bertè con la direzione artistica di Fiorella Mannoia contro la violenza sulle donne e il femminicidio, per sostenere i centri antiviolenza. Per ricordare che di queste storie bisogna parlare.

 

Alessandra

Era una brava persona. Così lo vedevo io. E mi amava. Altrimenti perchè avrebbe affrontato 700 chilometri andata e ritorno, due volte al mese, solo per stare con me? Piaceva a tutti: a mia sorella, ai miei genitori, agli amici. Era un uomo colto e di successo. Parlavamo di avere figli, dopo sei mesi lo abbiamo fatto. Lui ci teneva che il bambino nascesse nella sua città, gli ospedali, i pediatri, gli asili e le scuole erano i migliori. Persino le baby-sitter erano migliori, e i suoi genitori potevano aiutarci. Ho lasciato il mio lavoro, mi sono trasferita. Non ho capito perchè dovevo pagargli un affitto, visto che la casa era sua. Mi sono rotta un piede, ci è caduto sopra un computer, lanciato da lui. Ho avuto un parto difficile, e lui non c’era. Poi ha iniziato a portare il bambino da sua madre, a chiudermi in casa e picchiarmi. Sono rimasta incinta un’altra volta. Ho chiamato mia madre, le ho chiesto di aiutarmi a venire via. E’ arrivato mio suocero, ha cercato di portare via il bambino. I carabinieri mi hanno detto che se denuncio il mio compagno parte il processo. Ho paura di perdere i miei bambini. Ho paura di fare qualsiasi cosa. Rimango.

Questa è la storia di una delle tante donne che hanno subito violenza da parte degli uomini. Il nome è di fantasia, potrebbe essere il mio, il vostro, quello di vostra madre o di un’amica. La storia invece è ispirata a una storia reale, riportata anonimamente su uno dei tanti blog e forum in cui le donne raccontano. Sono stati cambiati luoghi e dettagli, omessi nomi e circostanze che potrebbero rendere riconoscibili le protagoniste. E’ rimasta la vita di questa donna, perchè altre donne la leggano.
Leggi anche le storie di Irene e Fiorella.

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Lunedì 19 settembre all’Arena di Verona sedici donne si uniranno in “Amiche in Arena”, un concerto di Loredana Bertè con la direzione artistica di Fiorella Mannoia contro la violenza sulle donne e il femminicidio, per sostenere i centri antiviolenza. Per ricordare che di queste storie bisogna parlare.

Irene

Adesso è finita, continuo a ripetermi. Adesso ho una vita normale, con il mio nuovo ragazzo. Era da un anno che non si faceva vivo, fino al mese scorso, quando ha saputo che sono incinta. Da allora ha ricominciato a cercarmi. Ci ho messo due anni a lasciarlo, dopo le botte, un aborto, la gelosia, le minacce, le carezze, gli insulti e le cicatrici. “Se mi lasci potrà anche passare del tempo, ma te la farò pagare”, diceva. Ogni mattina esco per andare al lavoro e vedo la sua macchina parcheggiata a un chilometro da dove abito, in una stradina di campagna. I miei dicono che ogni giorno passa davanti a casa, rallenta e guarda verso la finestra della mia camera. Il mese prossimo io e il mio ragazzo traslochiamo in campagna. Il mio fidanzato non deve sapere niente di lui, di quello che mi faceva, di come mi ha trattata. Di come mi sono fatta trattare.
Avevo diciassette anni quando ci siamo messi insieme. Lui era già divorziato con figli. Dopo di me, si è messo con un’altra ragazza di diciassette anni. E’ chiusa in casa, ora. La picchia. Adesso è incinta anche lei.

Questa è la storia di una delle tante donne che hanno subito violenza da parte degli uomini. Il nome è di fantasia, potrebbe essere il mio, il vostro, quello di vostra madre o di un’amica. La storia invece è ispirata a una storia reale, riportata anonimamente su uno dei tanti blog e forum in cui le donne raccontano. Sono stati cambiati luoghi e dettagli, omessi nomi e circostanze che potrebbero rendere riconoscibili le protagoniste. E’ rimasta la vita di questa donna, perchè altre donne la leggano.
Leggi anche le storie di Loredana ed Elisa.

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Lunedì 19 settembre all’Arena di Verona sedici donne si uniranno in “Amiche in Arena”, un concerto di Loredana Bertè con la direzione artistica di Fiorella Mannoia contro la violenza sulle donne e il femminicidio, per sostenere i centri antiviolenza.
Per ricordare che di queste storie bisogna parlare.

Umberto Eco ovvero la montagna

Eco. Non c’è un giornale, un settimanale, una rivista, un fumetto, un sito internet che non stia commemorando Umberto Eco. Sono felice di constatare che un personaggio come lui sia davvero entrato nelle vite delle persone. Voglio dire: non un attore o un cantante. Un semiologo. Un intellettuale. Uno scrittore.

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Per me, Umberto Eco ha avuto un’importanza fondamentale.
Prima di tutto perchè è di Alessandria. Come me.
Alessandria, come ha scritto lui, è una città di pochi clamori. Provate voi a nascere in un luogo il cui patrono è stato fatto santo per “il miracolo delle oche”, sprofondato nel gelo nebbioso d’inverno e rovente d’estate, troppo vicino e troppo lontano da tutto, e il sole è un lampo giallo al parabris. Con le gite scolastiche al museo di Marengo e il fantasma di Napoleone onnipresente, e se ti comporti bene, al massimo, il museo egizio di Torino.
Il fatto che Umberto Eco esistesse e che fosse venuto da lì significava che se ne poteva uscire, che essere nati in provincia non condanna all’ergastolo del provincialismo o della ristrettezza mentale.

Ho iniziato un dialogo ipotetico con Eco a tredici-quattordici anni, quando ho cominciato a leggere le sue bustine di Minerva. Era l’intelligenza, l’ironia. Era la persona in grado di mostrarmi che gran parco giochi potesse essere la mia mente, a usarla bene. Mi sono fidata, l’ho seguito. Anche quando si è trattato di leggere “Il nome della rosa” con il Castiglioni Mariotti a fianco per tradurre tutte le citazioni, io che a quel punto ero arrivata solo a lupus, lupi. E ho affisso tazebao di giubilio quando ho capito il significato di “Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus”.

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Era una lente di ingrandimento su tutto quello che mi circondava: con lui ho capito che le parole rivelano più di quel che dicono, che i ragionamenti servono ma possono contenere crepe invisibili, che i gesti e gli atteggiamenti sono altre parole. Anche l’atteggiamento scostante degli alessandrini, che tanto mi ha dato fastidio da adolescente. Attraverso Eco sono riuscita a leggerlo per quel che è: sprezzatura del sentimento esibito, riserbo, sincerità senza tanti complimenti e senza calcolo. Una finta indifferenza, che in realtà è capacità di osservare con distacco quel che succede senza lasciarsi travolgere dai drammi. La necessità di non prendere mai nessuno troppo sul serio, nemmeno noi stessi.

Umberto Eco era uno scrittore, un intellettuale, ma era reale. Aveva percorso le mie stesse strade, parlato con le persone con cui parlavo. Era andato a scuola con la sorella di un amico di mio padre, aveva frequentato Baleta, uno storico bar del centro, era in qualche modo di famiglia. Era il mio termine di paragone, una montagna altissima che guardavo pensando che un giorno anch’io ci sarei salita, e sarei stata in grado di vedere e capire molte cose, avrei parlato cinque lingue e scritto e tradotto e letto e maneggiato e utilizzato i linguaggi più diversi.
Ho preso strade diverse dalla sua, ma ho continuato a incontrarlo. Nei libri, nelle incursioni che ha fatto in architettura, nei saggi, in atti di convegni misconosciuti, e poi qui a Bologna, in conferenze, interviste, dialoghi con altri autori. Non mi ha mai delusa.

Mi ha lasciato la montagna. E io continuo a scalarla, sapendo che è una scalata infinita, e per questo è così preziosa. E se un giorno pensassi mai di essere arrivata da qualche parte, so quel che mi direbbe. Direbbe “Ma gavte la nata”.

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